Nel fine settimana appena trascorso l’Italia ha vissuto l’ennesimo ritorno di grandi alluvioni lungo lo Stivale, mentre oggi è di nuovo allerta meteo rossa in Veneto. Non è un caso: sappiamo che la crisi climatica in corso, assieme al surriscaldamento globale, sta portando un aumento nell’intensità e frequenza degli eventi meteo estremi. Un aumento che avanza molto velocemente.
Solo nel 2023, l’Italia ha registrato ben 2.360 eventi di precipitazioni intense e grandinate, catalogati come estremi meteoclimatici dallo European sever weather database. Questo dato rappresenta un picco storico mai raggiunto dal 2018, anno in cui è iniziato il monitoraggio con una metodologia consolidata. In soli cinque anni, il numero di queste manifestazioni atmosferiche considerate eccezionali è più che quadruplicato, dimostrando chiaramente come il cambiamento climatico stia trasformando il nostro Paese.
«Non si tratta di maltempo e di eventi eccezionali e imprevedibili – spiega Andrea Barbabella, coordinatore di Italy for climate – Sono semplicemente gli effetti dello squilibrio termico planetario che abbiamo prodotto bruciando combustibili fossili. E lo spettacolo a cui assistiamo in queste ore, purtroppo, è oramai pura normalità nel mondo che ci siamo costruiti. E a quelli che dicono che cambiare modello energetico e mitigare la crisi climatica ci costerebbe troppo vorrei chiedere: siete certi di aver fatto bene i vostri conti? Oppure i vostri conti li state facendo sulla pelle di altri?».
Gli eventi meteoclimatici estremi, come precipitazioni intense e periodi di siccità, sono strettamente correlati all’aumento delle temperature. L’Italia si trova in una delle zone più vulnerabili al cambiamento climatico, “l’hotspot” del Mar Mediterraneo. Negli ultimi decenni, le temperature nel nostro Paese sono aumentate a un ritmo doppio rispetto alla media globale, facendo sì che oggi viviamo in un’Italia più calda di circa 2,5-3°C rispetto ai livelli preindustriali (1850-1900), mentre a livello globale l’incremento è intenso ma comunque molto minore (attorno a +1,1°C, con l’attuale traiettoria a segnare tra +2,4°C e +2,9°C entro questo secolo).
Un aumento termico che comporta un’enorme quantità di energia intrappolata nell’atmosfera, che a sua volta alimenta fenomeni meteorologici sempre più violenti e imprevedibili: per ogni incremento di 1°C nella temperatura, l’atmosfera può contenere circa il 7% in più di vapore acqueo, significa che la probabilità di eventi meteo estremi come le alluvioni aumenta.
Di conseguenza, alluvioni che in passato si verificavano ogni 10 o 20 anni ora si ripresentano con una cadenza sempre maggiore. Si stima che con un aumento di 1,5°C della temperatura globale, le alluvioni considerate eccezionali diventino il 50% più frequenti, e con un aumento di 2°C questa frequenza potrebbe crescere fino al 70%.
Che fare? La risposta è sempre la solita e si muove su un doppio binario. In primo luogo occorre contribuire ad arrestare il riscaldamento globale, passando il più rapidamente possibile a un’economia basata sui combustibili fossili a una fondata su rinnovabili ed efficienza energetica; una transizione che in Italia il Governo Meloni sta di fatto ostacolando. Al contempo è indispensabile adattare i territori al clima che cambia, ma anche in questo caso il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), dopo essere stato meritoriamente approvato dall’esecutivo in carica, è stato poi chiuso in un cassetto senza fondi né governance.