Cambia la geografia del Pil. Lo storico fanalino di coda ora è diventato la locomotiva d’Italia. Nel 2024, infatti, il Mezzogiorno cresce più del doppio del Nord Italia: +1,2% contro il +0,5% del Nord e il +0,8% della media nazionale. Resta comunque un ampio divario tra le due macro aree del Paese (21.714 euro al Sud contro i 39.786 euro del Nord), aggravato dallo spopolamento che nel Mezzogiorno rappresenta un ulteriore elemento di criticità strutturale: il meridione ha subito una riduzione di circa 161mila abitanti tra il 2022 e il 2024, a fronte di un incremento di 125mila unità al Nord. Ciò ha contribuito a limitare le potenzialità di sviluppo del Sud e testimonia un tessuto economico ancora fragile, nonostante il contributo positivo del turismo straniero.
Lo certifica un’analisi di Confcommercio sulle economie regionali, secondo cui i consumi, complessivamente, superano di circa 17 miliardi il livello pre-Covid, ma rispetto al 2023 non mostrano segnali di ripresa significativa (+0,5% contro l’1% del 2023) e risultano in rallentamento in tutte le Regioni ad eccezione di Liguria e Umbria, dove crescono rispettivamente di 7 e 4 decimi di punto, e del Molise, dove sono stabili.
Numeri che confermano come nei primi due trimestri del 2024, in Italia, il circuito redditi-fiducia-consumi si sia in qualche modo inceppato: i maggiori redditi disponibili reali, dovuti alla crescita dell’occupazione, agli effetti dei rinnovi contrattuali e al calo drastico dell’inflazione, non si sono ancora tradotti in maggiori consumi. Le criticità nella dinamica dei consumi sul territorio si vedono bene dall’esiguo tasso di variazione reale della spesa. Una crescita di mezzo punto percentuale non è certo un’indicazione confortante. Questo dato è coerente con un abbassamento della stima sul Pil per il 2024, a 0,8%, dallo 0,9% di agosto.
“L’economia italiana è in una fase complessa – commenta il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli – Il Sud cresce più del Nord, ma il divario resta ancora ampio. Preoccupano, in generale, la crisi demografica e la debolezza dei consumi. C’è un problema di fiducia nonostante l’aumento dei redditi reali. Occorre più coraggio nella revisione della spesa pubblica per poter alleggerire il peso fiscale che penalizza famiglie e imprese”.