di
Maria Teresa Meli
Il leader di Italia viva: «Con quella mail le hanno fatto un regalo»
Matteo Renzi, lei ha definito il centro immigrati in Albania come il «pandoro di Giorgia Meloni». Che cosa intendeva dire?
«Abbiamo una premier che fa l’influencer e non la statista. Davanti a problemi complicati come l’immigrazione, lei gioca la carta dello spot. Nasce così l’operazione Albania, che persino Edi Rama, premier di Tirana, definisce “uno spot elettorale che serve a Giorgia”. Lei vuole i like su Instagram, non risolve il problema. Sceneggia uno spot. Ma come per Chiara Ferragni e il pandoro, accade qualcosa che rovina il piano. Oggi tutti gli italiani sanno che, mentre si chiedono i sacrifici per la legge di Bilancio, si sprecano più di 700 milioni di euro in un centro migranti inutile».
Ha dunque ragione la segretaria del Pd Elly Schlein a dire che ciò che ha fatto il governo in Albania potrebbe configurarsi come danno erariale?
«Sì. E infatti noi abbiamo preparato una denuncia formale alla Corte dei conti. Meloni ha inviato una nave con 16 persone solo per avere i tg osannanti all’ora di cena. Ma c’era una sentenza che le impediva di farli partire così. Il costo del viaggio andata e ritorno chi lo paga? Perché devono pagarlo i lettori del Corriere o qualunque altro cittadino italiano con le proprie tasse? Questi soldi li devono restituire i membri del governo. È tutto assurdo. Le aziende chiedono migranti regolari e qualificati e noi togliamo i soldi alla sanità per sprecarli in Albania. Anche la gente di destra con cui parlo è allibita».
Lei però ha definito inaccettabile la mail del magistrato della Cassazione su Giorgia Meloni.
«Perché è inaccettabile. Una cosa è la sentenza dei giudici che boccia il trasferimento dei migranti, decisione giusta, in linea con la normativa europea: su quella non si discute. Un’altra è il vizio dei magistrati di commentare la politica in chat: le loro email offuscano la terzietà del giudice. Se il magistrato ha voglia di accendere il computer, bene, che scriva una bella sentenza visto che abbiamo molto arretrato. Perché invece deve attaccare la Meloni? Con quella email — peraltro — le ha fatto un regalo. Perché anziché parlare dello spreco di risorse pubbliche, Meloni si è prodotta nel solito vittimismo che la caratterizza a giorni alterni».
Offre solidarietà anche se, quando lei è stato coinvolto in vicende simili, dalla leader di FdI non ha ricevuto lo stesso trattamento?
«Già. Ma io sono fiero di essere diverso dalla Meloni. Lei oggi fa la garantista ma è stata giustizialista con me. È stata la più dura contro mio cognato e quando lui è stato assolto non ha trovato neanche il tempo di chiedere scusa. L’ipocrisia di Giorgia Meloni è evidente ma io non sono come lei. Io sono garantista sempre, anche e soprattutto con gli avversari».
Questo suo atteggiamento nei confronti dei magistrati non è in contraddizione con il tentativo di riallacciare i rapporti con il Partito democratico? I dem non la pensano certo come lei.
«Il Pd nasce con una tradizione garantista e propone un rapporto con la magistratura diverso dagli anni di Tangentopoli prima e dalla subcultura giustizialista grillina dopo. Dunque io sono fedele alla storia del centrosinistra riformista. Voglio un centrosinistra vincente che non si fondi sul giustizialismo e sul populismo giudiziario».
Lei è a favore della separazione delle carriere, ma il Pd è contrario.
«Ricordo che Maurizio Martina portò la tesi della separazione delle carriere al congresso del 2019 e tutto il gruppo dirigente di allora, a cominciare da Debora Serracchiani, difendeva il principio. Non so se hanno cambiato idea. So che purtroppo non se ne farà nulla come con tutti i proclami di Nordio. Il ministro della Giustizia che doveva semplificare il diritto ha prodotto decine di reati in più. In due anni il governo Meloni ha alzato le pene o introdotto nuovi reati per 417 anni di carcere in più. E questo è il ministro che voleva depenalizzare? Che delusione. Intanto separiamo le carriere dei magistrati bravi da quelli meno bravi: chi sbaglia deve pagare».
Come finirà in Liguria?
«Non so. Spero solo che si voti pensando alle infrastrutture, non ai massimi sistemi. La Liguria è bellissima ma isolata. I cantieri sul Bisagno, il rifacimento del Ponte Morandi, la Diga, la Gronda, il Terzo Valico dicono però che se si fanno le opere pubbliche per bene, quella terra cambia volto. Servono le infrastrutture, non le ideologie».
Secondo lei è giusto che l’opposizione voti per Fitto come commissario Ue?
«Sì. Anche perché meglio Fitto di altri nomi che circolavano. Certo la Meloni che invita al patriottismo e dimentica quando faceva le manifestazioni di piazza contro Gentiloni o chiedeva le dimissioni della Mogherini è il trionfo dell’ipocrisia. Noi invece siamo dalla parte dell’Italia, sempre».
Se vuoi restare aggiornato sulle notizie di politica iscriviti alla newsletter “Diario Politico”. E’ dedicata agli abbonati al Corriere della Sera e arriva due volte alla settimana alle 12. Basta cliccare qui.