Questa volta non deve poter trovare attuazione il noto adagio «non c’è due senza tre»: ci si riferisce ai due insuccessi delle candidature al vertice di organismi europei. La prima, quella di Carmine Di Noia all’apice dell’Esma, una candidatura sostenuta con forza nel vaglio autonomo dell’authority date la competenza e l’esperienza di Di Noia (che oggi ha un grado apicale nell’Ocse) ma poi irresponsabilmente vanificata da intese politiche; la seconda, conclusa con il non accoglimento riguardante la proposta di Daniele Franco all’apice della Bei: una candidatura che già in partenza appariva debole, sulla quale, per giunta, si pasticciò aggiungendovi bizzarramente, da parte del Tesoro, l’alternativa, qualora per la Bei si fosse registrato un nulla di fatto, della designazione per il comitato esecutivo della Bce, con la conseguenza di non spuntare né l’uno né l’altro incarico.
La nuova candidatura
Il «tre» dell’adagio riguarda ora la candidatura di Bruna Szego, dirigente della Banca d’Italia, per il vertice dell’Amla, l’Autorità Europea Antiriciclaggio neo-costituita. In sede comunitaria è in corso il procedimento per la scelta della persona che guiderà l’Amla e che si concluderà con la designazione da parte della Commissione Ue e la nomina finale del Consiglio, dopo che l’Europarlamento si sarà pronunciato.
Ai due suddetti insuccessi italiani va aggiunto quello riguardante la candidatura dell’Italia, con Roma, quale sede dell’Amla. Esistevano invece tutti i presupposti per l’accoglimento, a cominciare dalla diffusa competenza nel campo dell’antiriciclaggio e passare al lavoro svolto dalle Corti di giustizia e dalle competenti autorità, alla tradizione giuridica e di contrasto del nostro Paese, allo svantaggio italiano nell’assegnazione di sedi comunitarie, alla stessa situazione logistica. Ciononostante è stata preferita la Germania con Francoforte, senza alcuna considerazione del fatto che in Germania sono insediate, oltre alla Bce, la coesistente Vigilanza unica, nonché l’authority assicurativa Eiopa.
Competizione dai tedeschi e dagli olandesi
In previsione di quella scelta lo stesso ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti espresse il timore che i partner europei in qualche modo avrebbero reagito alla mancata ratifica del Trattato sul Mes bocciando la proposta italiana. Il Mes, insomma, che frequentemente torna in ballo. Ora comunque si profila una nuova «competizione» per l’Amla con il candidato olandese Jan Reinder De Carpiender, vicepresidente del Single Resolution Board, e quello tedesco Macus Pleyer.
Che la Germania possa conseguire non solo la sede dell’Amla ma anche la nomina di chi la guiderà significherebbe confermare la famosa frase del Marchese del Grillo nei panni, in questo caso, della Germania «io so’ io e voi…». Più insidiosa potrebbe essere la candidatura dell’esponente olandese. Ma l’Italia deve essere «risarcita» per un trattamento, con riferimento a sedi delle diverse autorità, come si è testé detto, e alle persone, nettamente inferiore a quello spettante a uno dei principali Stati fondatori, a maggior ragione dopo quello che è sembrato un strappo sulla sede dell’Amla.
Il profilo del candidato italiano
Bruna Szego, una dirigente di primo piano che ha trascorso finora 33 anni in Banca d’Italia e che nella titolarità della struttura di supervisione e normativa in materia antiriciclaggio ha mostrato la sua alta professionalità e la non comune esperienza, è molto stimata ed è ritenuta diffusamente in grado di far decollare l’authority nonché di sospingerne l’evoluzione. Ha una sicura, netta sensibilità istituzionale, una conoscenza approfondita dei diversi contesti europei normativi e applicativi nel campo dell’antiriciclaggio e la capacità di sviluppare le relazioni con i competenti partner comunitari. Il fatto che qualcuno veda l’esigenza di sottolineare il problema di genere al contrario di ciò che solitamente avviene) perché, con l’aggiunta di Szego, troppe donne ricoprirebbero cariche apicali nell’Unione costituisce un caso da «mosca bianca» e confligge con la necessità di un generale riequilibro tra generi che può registrare anche situazioni eccezionali come quella ora commentata, dovuta alle qualità delle nominate.
Piuttosto, bisognerebbe riflettere sulla presenza italiana, oggi, nei diversi ruoli apicali rispetto a quando italiani erano il presidente della Bce, il presidente dell’Europarlamento, un vicepresidente della Commissione Ue, il presidente dell’Eba.
È sperabile, in definitiva, che il governo sostenga con determinazione la candidatura in questione e con esso anche, nei limiti di ciò che le è consentito, la Banca d’Italia. Non si può fallire. O, meglio, se si dovesse prevedere un nuovo insuccesso (cosa che qui non si ritiene) allora sarà bene evitare la spendita inutile di un altro nome autorevole e molto stimato. E poi bisognerà interrogarsi a fondo sul perché si registrino questi fallimenti, che – ripeto – oggi, nel caso specifico e rebus sic stantibus, non si prevedono. (riproduzione riservata)