di
Monica Guerzoni
La premier: «A chi protestava per Spano dicevo: “Parlatene col ministro”»
«È arrivato Antonio Angelucci, chiamate subito Tommaso Cerno!». Il direttore del Tempo si precipita all’entrata della Galleria nazionale di arte moderna e va ad accogliere l’editore dei quotidiani della destra: «Dov’è Angelucci? Dov’è?». Ma ecco che arriva Giorgia Meloni, ospite d’onore dell’evento per gli 80 anni del quotidiano romano, dirimpettaio di Palazzo Chigi. Al ministero della Cultura è esploso un nuovo caso e la leader della destra non sembra avere grande voglia di festeggiare. Ha voglia piuttosto di attaccare gli avversari, recriminare, rilanciare e farsi scudo, come spesso in questi giorni di lotta politica feroce, del voto degli italiani: «Leggo di una Meloni complottista. Io non ho mai parlato di complotto, non credo ci sia un disegno per sovvertire la volontà popolare, piuttosto c’è del menefreghismo rispetto al voto popolare».
A innescare l’attacco è ancora la mail del magistrato Marco Patarnello, che tanto l’ha fatta infuriare e che prova a ribaltare a suo vantaggio: «Dice che non agisco per interesse personale. Una politica forte che non ha scheletri nell’armadio e non è condizionabile è un problema per tutti coloro che sulla debolezza della politica hanno costruito imperi». E di nuovo si blinda: «Io rispondo alla volontà popolare». Cerno le chiede dei suoi primi due anni di governo e lei si dipinge «in pace con la mia coscienza, che è quella di una ragazza aggressiva». Bilancio? «Non avrei potuto metterci più impegno, né lavorare di più. Ho capito presto che i diritti di Giorgia e i doveri della premier sono incompatibili. Le rinunce sono state tante, ma ne è valsa la pena». Una cosa che non rifarebbe? «Forse non mi ricandiderei! Scherzo…».
Alla Gnam la premier arriva nel giorno dell’incontro al Quirinale con il presidente Sergio Mattarella, a margine del Consiglio supremo di Difesa. Una chiacchierata importante, dopo il braccio di ferro tra Palazzo Chigi e le toghe sui migranti, che tanto ha allarmato il presidente. Al centro del confronto la necessità di abbassare i toni e preferire la mediazione alla contrapposizione e anche, c’è da giurarci, la nuova bufera che ha investito il ministero della Cultura.
È la prima domanda di Cerno, nell’intervista a Meloni. Lei risponde di non aver incontrato Giuli, di aver «capito abbastanza poco della vicenda», ma per tre volte parla del dimissionario capo di Gabinetto, Spano, come di «questa persona». La stessa locuzione che usò per prendere gelidamente distanza da Maria Rosaria Boccia, la donna che portò alle dimissioni il precedente ministro Sangiuliano. Dentro Fdi in tanti sono avvelenati per la scelta di Giuli. Meloni ammette un certo nervosismo: «Io risposi “parlatene col ministro”». Cauta presa di distanza, che poco dopo esplode in una raffica di accuse: «Non ho parlato con Giuli né quando lo ha nominato, né quando Spano si è dimesso. Leggo che ci sarebbe conflitto di interesse con un’altra persona (il compagno di Spano, ndr) che risale al Maxxi, al tempo di Giovanna Melandri. Non capisco perché esca adesso. Se la cosa afferisce a Melandri penso che Report debba andare da Melandri».
Insomma, per la premier bisognerebbe chiedere «a chi c’era prima», cioè il Pd, perché ci sono «due pesi e due misure, se lavori con quelli di destra diventa tutto più complicato». Applausi.
Sui migranti, Meloni diventa una furia: «Sentenza irragionevole. La questione dell’Albania è strumentale, ma supererò gli ostacoli e il protocollo funzionerà. Non intendo consentire che una soluzione conforme al diritto venga smontata perché una parte politica non è d’accordo». Come dire che i magistrati sono una parte politica. Ci sono tra i tanti Ciriani, Brunetta, Carfagna, Gelmini, Bocchino, Chiocci, Malagò, il sindaco Gualteri, Gianni Letta. C’è La Russa che scalpita perché vuole correre a vedere l’Inter. La presidente si loda per la manovra, promette che dal prossimo anno se ci saranno più soldi per l’Irpef si interverrà «sul ceto medio» e prende a bersaglio Conte: «Le accuse di danno erariale da quelli dei banchi a rotelle e del Superbonus anche no». Sulle Regionali non si sbilancia, «per scaramanzia». Di Emilia Romagna non vuole parlare, invita solo a «non mescolare l’alluvione e il tema elettorale». Per lei il responso dei cittadini «è sacro», quindi anche le regionali contano. Chi vincerà in Liguria? «Sono abbastanza ottimista».
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