di
Maria Teresa Meli
I riformisti: sono prevalsi i veti e ai veti è seguito un errore politico. I timori per l’Umbria
Liguria, il giorno dopo. Giorgia Meloni gioisce per il «segnale di fiducia ricevuto dai cittadini»: «Ci dà ancora più forza per proseguire in questa direzione, per costruire un futuro di concretezza e risultati per la nostra nazione». Elly Schlein incita i suoi a occuparsi delle prossime regionali, quelle dell’Emilia-Romagna (praticamente già vinte), quelle dell’Umbria (tutte da costruire perché la candidata del centrosinistra Stefania Proietti, per dirla in gergo, «non sfonda»).
Ma nel Pd, che pure è concentrato sulle Regionali che verranno, questa volta non vengono passati sotto silenzio quelli che vengono considerati i «passi falsi» della segretaria. Alessandro Alfieri, componente della segreteria dem, nonché esponente di spicco dell’area Bonaccini, non le manda a dire: «In Liguria, purtroppo, sono prevalsi i veti. E ai veti è seguito un errore politico, pensare che si dovesse scegliere tra il 6% di Conte e il 2% di Renzi che si leggevano nei sondaggi».
La critica è alla segretaria. Per la prima volta, da quando è stata inaugurata la pax dem, la minoranza interna non sta in silenzio. Stefano Bonaccini, che non smette di vestire i panni del presidente del partito, è ben più cauto, però avverte: «Ora bisogna riflettere perché serve saper vincere». Beppe Sala indica qual è a suo avviso il problema di questa alleanza delle opposizioni che fatica a diventare coalizione: «Quello che è palesemente deficitario è la forza centrale, quella moderata». Quella, per intendersi, che secondo l’Istituto Cattaneo ha consegnato la vittoria a Bucci, come ammette lo stesso neo governatore: «Iv e Azione ci hanno aiutato parecchio».
Debora Serracchiani punta l’indice contro Conte: «L’interdizione non è più accettabile». Ma l’esponente della segreteria dem non si limita a questo: «Una lunga serie di sconfitte pone interrogativi sui modi in cui il Pd vuole parlare», osserva. E ancora: «Non mi sembra politicamente saggio lasciare i cosiddetti moderati alle lusinghe di Forza Italia e simili». Intanto Enzo Amendola incalza. «Serve un progetto credibile, a Roma come sui territori». Ultimativa Simona Malpezzi: «Conte deve dire che è disposto a costruire una famiglia allargata non facendo necessariamente il capofamiglia».
Lo stesso Orlando, seppure in maniera indiretta, critica la strategia della segretaria mentre si sfoga con i suoi: «Avevo costruito un sistema di liste e poi ho visto saltarne una». Il riferimento è alla civica con Iv dentro, che Conte non voleva e che dal Nazareno hanno lasciato cadere per i suoi veti. Anche sui voti il candidato non cede allo storytelling del Pd, secondo cui l’ottimo risultato dem è merito di Schlein. «Orlando — dicono dal suo staff — ha ottenuto oltre 13 mila voti personali rispetto alle liste della sua coalizione». Schlein però non si fa coinvolgere dalle polemiche. È convinta che il tempo le darà ragione.
Dall’altra parte della barricata, Arianna Meloni, che nega la flessione di FdI (che pure c’è stata ), commenta: «Noi siamo coerenti, dall’altra parte si criticano e si danno addosso». «Ma è quello che il centrodestra fa ogni giorno — commenta un autorevole dirigente Pd — salvo ricompattarsi quando serve al contrario di noi».